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PIETRE LEVATE

La Nostra
Storia

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Può un vino nascere come omaggio e ringraziamento alla generazione che ci ha preceduto? Può essere simbolo e testimonianza di resilienza verso il progressivo svuotamento ed impoverimento della terra d’origine?

Se nasce dall’amore e per l’amore la risposta è Si, può essere questo e molto altro ancora!

È il caso del Pietre Levate, vino che nasce ad Ottati, nella Valle del Fasanella alle pendici meridionali dei Monti Alburni, imponente complesso calcareo/carsico che apre il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano ed Alburni.
Siamo in uno dei luoghi più incontaminati del pianeta, dalla bellezza antica e selvaggia, tanto lussureggiante quanto lunare, a seconda dei territori che lo animano: da oltre un ventennio Patrimonio Mondiale dell’Unesco ed unico parco della Campania ad entrare nella Global Geoparks Network dell’Unesco, per la promozione e la conservazione dell’eredità geologica del pianeta.

PIETRE LEVATE

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E non è un caso che proprio in Cilento, grazie alla combinazione tra purezza della natura, qualità della vita ed alimentazione corretta (Dieta Mediterranea), ci sia una delle più alte concentrazioni di centenari del pianeta.

Con occhio amorevole ed attento a queste due realtà, nasce appunto il Pietre Levate; i numeri sono meno che piccoli: circa 1000 piante di Aglianico su 2200 mq per una produzione che si attesta, per scelta, ogni anno a sole 528 bottiglie. 

PIETRE LEVATE

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Per il vino, il nome è semplice: nello sbancamento di un terreno attiguo alla vecchia vigna la quantità di pietre da ‘levare’ che è venuta fuori era letteralmente senza sosta, da qui anche la difficoltà nella conduzione della terra con mezzi meccanici. Argilla e limo sicuramente, per la ricchezza naturale del suolo, ma anche tanto scheletro di natura carsica, per quella finezza e sottigliezza che rende il vino in zona molto diverso rispetto alle versioni ricche ed opulente della costa.

Nel 2010 i lavori di impianto per avere la prima vendemmia produttiva nel 2013: le scelta stilistiche sono state subito molto chiare… il legame con la terra aveva la massima priorità. E così, per la vinificazione, si è scelta appunto la terracotta, un’anfora a forma di uovo di 450 litri prodotta da Artenova: contenitore inerte ma che grazie alla sua naturale porosità permette una delicata microssigenazione del vino senza cedere sostanze aromatiche aggiunte, favorendo una progressiva e naturale evoluzione del vino.

Dal 2021 l’azienda ha ottenuto la certificazione BIO, per essere coerente non solo con la propria filosofia, ma anche con l’ambiente in cui si è immersi.

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Il nostro Vino

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Ma com’è il Pietre Levate all’assaggio?

Alla vista si presenta di un rosso rubino profondo già animato di importanti riflessi granata: cromaticamente resta comunque leggibile e mai eccessivamente inchiostrato, segno di una estrazione dosata e mai troppo spinta. Le movenze nel calice sono avvolgenti e morbide, animate da buona vivacità.

Il naso non è esplosivo ma molto ben cesellato, seppur ancora bisognoso di tempo per raggiungere una più rilassata definizione. La frutta nera piccola e matura, croccante e polposa si alterna a tocchi balsamici di alloro e ginepro, vegetali di resine, rimandi speziati piccanti e un naturale terziario verso cui l’aglianico ha una spiccata propensione a prescindere dal legno.

La bocca è piena pur non essendo appesantita, l’agilità della beva resta a farla da padrona in perfetta coerenza con l’aspetto visivo. L’alcol, pur sostenuto da un punto di vista analitico, è molto ben integrato nella graffiante trama acido/tannica, che ha ancora più di un lustro di tempo per sgranarsi adeguatamente e rilasciare la sua saporosa sapidità. Palato carnoso di buona corrispondenza con il naso, mostra tutta la stoffa dell’aglianico, manifestando grande pulizia nella lavorazione e il giusto grado di maturazione in bottiglia.

Vino pronto che può solo migliorare negli anni a venire e che si pone come ideale accompagnamento a pietanze dalla struttura importante.
A prescindere dall’eventuale generosità dell’annata, le bottiglie prodotte saranno sempre 528 (numerate ed esclusive), bottiglia borgognotta incartata singolarmente, posizionata in cassette di legno da 6 unità: tutta l’eventuale eccedenza produttiva viene consumata tra parenti ed amici.
Un vino che nella sua cifra stilistica non cerca i numeri.

Per pochi
Per scelta